Paolo Marraffa: quella diversità non benvenuta ed esclusa nella nostra società


Le persone considerate come diverse vengono stigmatizzate, discriminate ed emarginate. Per comprendere il perché di questo accanimento, partiamo dal concetto di minoranza. Facciamo riferimento a gruppi di persone che si distinguono in una data popolazione perché presentano delle caratteristiche proprie: etniche, linguistiche, religiose o inerenti all’identità di genere. Riguardo quest’ultimo caso, segnalo che in alcuni Paesi del mondo è prevista la pena capitale per le persone omosessuali, una sanzione penale che consiste nella loro condanna a morte. Triste pensare che esistono persone che vengono torturate, uccise per il solo motivo di essere omosessuali. Paesi in cui i diritti umani vengono calpestati perché i loro governi hanno deciso così. In Italia, come in tanti altri Stati c’è un ordinamento giuridico posto a tutela delle minoranze, anche se potrebbe avere delle lacune. Nel senso che non c’è sempre una tutela effettiva di queste persone e quelle proposte di leggi volte a rinforzare il diritto positivo vengono respinte.

Stiamo assistendo a continui abusi sui diritti umani perché parte della società ha scelto la via dell’esclusione di queste persone o peggio. Le democrazie sono in crisi, è un dato che è sotto gli occhi di tutti e qualche problema lo stiamo riscontrando anche in Italia. Le Istituzioni italiane aiutano chi si occupa dell’accoglienza dei migranti e denunciano crimini contro i diritti umani, come il traffico di esseri umani, eppure manca qualcosa. In alcune strutture si punta il dito contro la persona, quando in realtà il problema va ben oltre il singolo. Per esempio: la gestione dei flussi migratori in Italia è stata pessima e la colpa non può essere attribuita soltanto a chi in quel momento si occupava delle navi. Poi c’è la mafia che lucra sulle spalle di chi fugge dalla propria terra martoriata per cercare riparo in Italia e finisce nelle mani di uomini senza scrupoli. Oltre ai criminali, abbiamo anche xenofobi che non si sporcano le mani di qualche crimine ma che contribuiscono a seminare odio e a rendere la nostra società meno umana e inclusiva.

Non comprendiamo le persone diverse da noi, ma ancora prima non siamo in grado di accogliere la nostra stessa diversità, così cerchiamo di somigliare ad altri. Ci rifugiamo sui social, su internet cercando uno spazio virtuale in cui condividere visioni, aspirazioni, idee ma non sempre troviamo il giusto interlocutore. Il web è un mondo infelice per quelle persone che a causa della propria diversità subiscono aggressioni, pensiamo al cyberbullismo e agli haters. Il confine tra online e offline è sempre più sottile, pure per chi vuole incitare all’odio contro i diversi. Persone che soffrono dietro un pc o un cellulare perché attaccate, aggredite senza valido motivo da chi probabilmente utilizza il web per riversare la propria disapprovazione, rabbia e frustrazione e lo fa nel peggiore dei modi, qualcosa di profondamente ingiusto. Possiamo sfruttare il digitale per sensibilizzare su questi temi, sforzandoci di essere noi stessi anche su internet, chattando in modo genuino e aiutando in qualche modo chi si trova dall’altra parte dello schermo e che soffre per questo motivo.

Può darsi che invece succeda l’opposto: non si entra in empatia e si evita il contatto. Questo avviene anche perché abbiamo paura di diventare noi vittime di stigma, allora ci ritroviamo
soli
e incapaci di comunicare in un mondo che è in continuo divenire. Tra le due alternative, bisognerebbe optare per la prima. Si stigmatizza quando si attribuisce a qualcuno una connotazione negativa al fine di isolarlo, emarginarlo. La falsa paura di rimanere soli perché qualcuno ci potrebbe stigmatizzare non può privarci della relazione perché è lo stigma ad essere sbagliato e non la relazione che ci fa crescere e che ci consente di entrare a far parte di gruppi per portare avanti le nostre idee. Da soli non riusciremo mai a ottenere grandi risultati ed è per questo che è indispensabile fare squadra. Il dialogo aiuta a crescere e a perfezionare, stando attenti però che non finisca per essere strumentalizzato o che si trasformi in manipolazione. Non bisogna manipolare gli altri o fingere di volerli aiutare per poi perseguire un fine diverso.

Quanta cattiveria da parte di chi vorrebbe annullare la nostra preziosa diversità, per questo la dobbiamo custodire e manifestare senza paura, perché solo esternando la nostra identità potremo lasciare un’impronta in questa società. Allo stesso tempo occorre preservarla, avendo il coraggio di interrompere la relazione, se necessario, con chi vorrebbe portarcela via.
Attenzione a chi agisce in maniera ipocrita, fingendosi amico e cercando di propinare teorie frutto della propria immaginazione o etichette. Il male si insinua in un modo misterioso che a volte sfugge al nostro controllo. Prendiamo le distanze da tutti quelli che cercano di discriminare e di escludere, senza però commettere il loro errore. Mostriamogli che è possibile convivere con tutti pacificamente e che la diversità non è un elemento di cui avere paura. Interrompere la relazione significa non mettere l’altro nelle condizioni di farci del male. Non ha in questo caso un’accezione negativa perché dobbiamo evitare che le nostre relazioni degenerino.

Altri nemici invisibili oltre gli stereotipi, sono rappresentati dai pregiudizi che concorrono con i primi per rendere la nostra società meno inclusiva. Sono preconcetti che si insediano nelle nostre menti e che nella maggior parte dei casi, conferiscono una connotazione negativa a tutto ciò che per qualche strano motivo viene considerato come diverso dalla norma. Queste opinioni si iniziano a sviluppare soprattutto nell’età infantile, perché ancora i bambini non hanno sviluppato una coscienza critica. L’educazione alla diversità dovrebbe partire proprio da quell’età ed essere introdotta nelle scuole. In realtà già è presente qualche disciplina che aiuta i bambini a sviluppare un senso di rispetto verso ciò che è diverso. La diversità è ricchezza e possiamo offrire il nostro contributo per comunicare e riscoprire la bellezza dell’essere diversi, senza aspettare un punto di riferimento e che la società diventi più inclusiva, altrimenti rischiamo di perdere l’occasione di essere noi i protagonisti del cambiamento.

Paolo Marraffa
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