Salvini abolisce le gare d'appalto per il 98% dei lavori pubblici. L’Anticorruzione teme favoritismi e clientele


A causa dei ritardi accumulati dal governo Meloni, l'Europa ha bloccato i 19 miliardi del PNRR assegnati all'Italia. Evidentemente era troppo occupata a procacciate bambini da cui farsi acclamare, a vietare i rave party, a lamentarsi delle le navi ONG, a promettere un ponte sullo Stretto, a fermare le trascrizioni degli atti di nascita delle famiglie omogenitoriali e parlare di farina di grilli.

Ma non sarebbe vero dire che questo governo non stia facendo nulla. Ieri sera il Consiglio dei ministri ieri sera ha approvato il nuovo Codice degli appalti voluto da Matteo Salvini. Il 98% degli appalti verrà ora assegnato senza alcuna gara d'appalto.
La norma viene contestata dall'Autorità Nazionale Anticorruzione, temendo che la misura che prevede di affidare liberamente i lavori al di sotto dei 150mila euro «si prenderà l'impresa più vicina, quella che conosco, non quella che si comporta meglio». Senza controlli «si dice non consultate il mercato, scegliete l'impresa che volete», perciò «va benissimo il cugino o anche chi mi ha votato, e questo è un problema, soprattutto nei piccoli centri».
La misura di cui parla il presidente Busia è quella che riguarda gli affidamenti diretti per cui non ci sarà alcun obbligo di svolgere bandi o negoziati. Fino a spese che arriveranno al milione di euro , basterà invitare cinque imprese a una negoziazione senza bandi, mentre fino a 5,38 milioni di euro (soglia massima per norme Ue) basterà invitare dieci aziende. Secondo stime del Sole 24 Ore, si potranno assegnare senza un bando il 98% dei lavori pubblici, per un valore complessivo di circa 19 miliardi.

Secondo l'Anac, dare ai piccoli Comuni il potere di gestire direttamente gli appalti fino a 500mila euro «è come sostenere che, poiché in città si va più lenti, per guidare non serve la patente. Cioè consentire di fare appalti fino a mezzo milione di euro anche a chi non è in grado di gestirli, perché non qualificato» col rischio che «tali appalti, proprio per l’incapacità delle stazioni appaltanti durino molto di più e che i soldi vengano buttati».
Il decreto prevede inoltre che non ci sarà più bisogno di dimostrare che non ci sono conflitti di interesse, ma finché non si dimostra che c'è un conflitto d'interessi non ci saranno interventi. L'Anac ha definito «paradossale» il fatto che «proprio in un settore delicato quale quello dei contratti, si introducono regole ancora più blande di quelle previste in generale per i procedimenti amministrativi».
Infine, il decreto contiene una norma chiamato "prima l'Italia" con cui Salvini dice di voler imporre "la salvaguardia del made in Italy" che impone l'obblio di "valorizzare" le imprese che abbiano sede nel territorio in cui l'opera è svolta.
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