La Meloni infila il presidente del Centro Studi Rosario Livatino nel comitato bioetico. E le carriere alias finiscono nel loro mirino

Fa abbastanza sorridere che l'organizzazione forzanovista Provita Onlus presenti il loro Mauro Ronco come un esponente dell’attuale Comitato Nazionale di Bioetica, omettendo sia il presidente del Centro Studi Rosario Livatino.
Si tratta di un gruppo di giuristi che si batte contro i diritti delle persone trans, contro il diritto di autodeterminazione dei malati terminali e contro le unioni civili. Vanno a braccetto con Gandolfini e con Brandi, sostenendo di voler voler studiare «il diritto alla vita, la famiglia e la libertà religiosa in un'ottica di coerenza con il diritto naturale».
Contro il ddl Zan sostenennero che in Italia i sedicenti "cristiani" sarebbero più "perseguitati" dei gay e che la vera emergenza sia emergenza sia la "sacrofobia" e la "cristianofobia". Ed è il loro direttore ad essere citato dalla propaganda dell'organizzazione forzanovista:

Forse la vera notizia è questa. Giorgia Meloni ha infilato il presidente di un gruppo ideologicamente connotato in un comitato che si imporrà sulla vita degli italiani.

Per fare un esempio, è contro risoluzione del Parlamento Europeo che ha condannato la decisione di Giorgia Meloni di privare i figli delle famiglie omogenitoriale da uno dei loro genitori che il Centro Studi Livatino avrebbe deciso che «la soluzione per cui la formalizzazione del rapporto col committente privo di legame biologico a seguito di un accertamento giudiziale di conformità al superiore interesse del minore, è l’unica strada che realizza in pienezza la tutela del nato».
Insomma, il bambino gioverebbe a non veder riconosciuti i suoi genitori data l'assenza di un legame biologo quale fondamento della loro idea di "famiglia".
Secondo l'organizzazione del tizio nominato dalla Meloni, la risoluzione del Parlamento europeo «deve ritenersi priva di effetti vincolanti per lo Stato italiano e travalica in modo manifesto le competenze assegnate dagli Stati membri all’Unione Europea. Un intervento, dunque, del tutto errato nella sostanza, non vincolante nella forma e privo di presupposti giuridici».
Insomma, se l'Europa osserva una «violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989» il signor Ronco la invita a fregarsene perché Jacopo Coghe è stato chiaro sul fatto che lui è orgoglioso di aver contribuito al quelle discriminazioni.

Intervistato dall'organizzazione forzanovista, il signor Ronco promette che il suo comitato «sicuramente affronterà il problema bioetico, valutando se la surrogazione di maternità sia conforme con i principi etici fondamentali che sono alla base dei principi di beneficialità, dei principi di giustizia, di condivisione e di solidarietà che costituiscono i fondamenti della bioetica».
Pare difficile comprendere perché mai dovrebbero affrontare quel tema, dato che la GpA è vietata in Italia da oltre vent'anni. E sinceramente sarebbe ininfluente condannare una pratica per sostenere la bontà della discriminazione dei bambini nati all'estero come sonstengono la Roccella e la Meloni.

Dato che Jacopo Coghe chiede che gli studenti trans siano resi vittima di discriminazione nelle aule scolastiche perché la sua organizzazione non accetta la loro identità, al loro referente hanno chiesto se il comitato sarebbe intervenuto contro la carriera alias. E lui ha risposto: «Non è stato ancora affrontato, anche se è stato proposto di trattarlo in due gruppi di lavoro. Giuridicamente parlando, c’è una tendenza in tutto il mondo in un determinato senso. Ci sono, però, al contempo, molte persone, studiosi, giuristi ma soprattutto bioeticisti che indubbiamente vedono la questione dell’educazione gender come un grande rischio per l’umanità».
E dovrebbe preoccuparsi che un comitato non usi termini scientifici ma si appelli alle truffe culturali ideate dalla propaganda integralista, arrivando a parlare di una inesistente "educazione gender". Infatti la carriera alias è uno strumenti che permette agli studenti in transizione di poter essere identificati col nome di elezione, con comprovati benefici sulla loro salute mentale. Se un "comitato etico" vuole sostenere che l'identità esista solo dietro presentazione di un certificato emanato da un giudice, saremmo oltre l'assurdo.


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