Adinofli: «Non sono omofobo. I gay sono lobby rumorosa e violenta che affitta le ragazzine»


Mario Adinolfi non ci parla di Bibbiano, anche se l'assoluzione di Foti dimostra che tutte le offese, le affermazioni e le accuse che lui gli ha rivolto dagli schermi di Giovanni Paolo TV erano in realtà un mero tentativo di abusare di bambini innocenti a fini di propaganda politica. Il fondamentalista ha quindi preferito tornare al suo hobby: insultare i gay.
Ospite di Telenuovo, il fondamentalista romano sostiene che esista il divieto di parlare di temi che la sua Giorgia Meloni vorrebbe rendere "reto universale". Praticamente, ogni suo volere deve essere ritenuto un ordine. E se il solo sostenere che debba essere vietato il diritto di poter esprimere opinioni sgradite alla Meloni puzza di fascismo, assurdo è come lui cerchi di collegare quello che loro chiamano "utero in affitto" al Pride di Roma.

Nella sua continua ripetizione di slogan, il fondamentalismo romano cerca di veicolare la solita propaganda. Dice che la GpA andrebbe ritenuta "utero in affitto" perché quello è il termine su cui la propaganda di estrema destra ha creato disinformazione. Dice che le opinioni su quel tema debbano essere ritenute "reato universale", ossia una bufala giuridica che lui cerca di usare per invocare un vero e proprio reato di opinione. Ed ovviamente cerca di accostare i gay a quello che lui chiama "utero in affitto", così da accostare i gay all'illegalità.


Ovviamente pare inutile ribadire che nel manifesto del Roma Pride non si parli mai di "utero in affitto", dato che appare evidente che Adinolfi preferisca mistificare i temi secondo convenienza. Ed è quasi comico che lui neghi che Rocca abbia cercato di saldare debiti elettorali con l'organizzazione forzanovista che gli detta le politiche, peraltro cercando di intentarsi quella censura.
La teoria di Adinolfi è che se la destra sostiene che il fantomatico "utero in affitto" vada considerato un reato gravissimo se ad accedervi non è quel 90% di coppie eterosessuali che ne fanno ricorso, allora bisogna punire chi non la pensa come loro.
Chissà se sarebbe d'accordo se un qualche stato estero decidesse che Adinolfi vada perseguito in Italia perché le loro leggi non gli avrebbero consentito di potersi sposare con due donne diverse. Fatto sta che, davanti ad un manifesto di centinaia di punti, lui giura che la piattaforma conterrebbe solo «tre proposte» e «una delle proposte cruciali è quel reato universale».

Premesso che basta leggere il documento per appurare che Adinofli stia offrendo falsa testimonianza, al limite del ridicolo è come lui dica che le proposte di legge della Meloni vadano ritenute leggi divine da applicare anco prima che siano scritte. E per quanto ripeta come un pappagallo i suoi slogan, neppure le leggi metoniane potranno imporre il divieto di aver opinioni a lui sgradite o di rendere punibili i pensieri di chi non la pensa come lui.
Insistendo nei suoi slogan, Adinolfi sostiene che che i gay «sbandierano quel reato come propria piattaforma politica» in un evidente tentativo di sostenere che i gay vadano accostati alla delinquenza. Poi dice che gay farebbero «schifo» perché lui li accusa di «affittare il corpo delle ragazzine» e di «comprare neonati» a fronte di un manifesto in cui era espressamente chiarito che ogni riferimento alla GpA non riguardasse i casi in cui esiste una transazione economica, come spesso avviene per quel 90% di eterosessuali che vi accedono ma che non danno alcun fastidio ad Adinolfi.

Il fondamentalista romano è poi tornato ad attaccare le unioni civili, sostenendo che «agli italiani» non interessi nulla dei diritti dei gay e che è stato ingiusto diminuire la loro discriminazione perché lui ritiene che ad accedervi siano state poche persone.
Cercando di sostenere che i diritti non esistano e che ad interessare dovrebbero essere solo i privilegi concessi al maschio eterosessuale bianco di destra, sostiene che i gay siano «piccole lobby rumorose che poi riescono ad ottenere moltissimo» mentre parla a nome «degli italiani» dall'alto del suo zero-virola-poco di voti. Ed ovviamente dice che i gay prenderebbero imprecisati soldi anche se lui ritiene che combattere l'omofobia sia uno spreco. D'altronde lui portava sui palchi dei suoi comizi elettorali gente che diceva che i genitori gay dovevano "curare" l'omosessualità dei figli con odio e torture che hanno causato centinaia di morti.

Adinolfi ribadisce più volte che lo stato dovrebbe occuparsi solo degli eterosessuali, dato che lui ritiene che quel 10% di cittadini che non condivide i suoi stessi pruriti sessuali sarebbe «una piccola lobby rumorosa e violenta». Precisa che lui si sente in guerra contro i gay e dice che i gay devono smettere di fare richieste, perché lui avrebbe deciso che debbano accontentarsi di avere meno diritti di lui.. Spiega poi che chi è al potere deve rafforzare le leggi che gli altri contessano in modo da imporle con maggiore prepotenza.

L'intervista si chiude con Adinofli che dice: «Non sono un omofobo io».


Chissà se gli veniva da ridere perché pensava a quanto debba essere fesso chi gli crede pure...
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