Il partito di Adinolfi non vuole gay, ma solo turisti che cerchino bagnini che ci provino con mogli e figlie

Forse in cerca di visibilità, il solito Mirko De Carli ha cercato di mettere in piedi la solita polemica ideologica ideologica contro il Pride di Rimini. In particolare, all'esponente del partito di Mario Adinolfi non sta bene che nel logo della manifestazione sia presente la celebre scritta Rimini del 1979 in arancione, rosso e blu brandizzata con i colori arcobaleno. Ed ovviamente ha da ridire contro Arcigay, arrabbiato perché ha osato denunciare come esista anche «una Rimini machista, dei bagnini che insediano tedesche e svedesi, di un sessismo esasperato». E così, in accordo con Gambarini & Muti (che realizzò l’immagine) hanno recuperato e trasformato quel logo per dare rappresentazione alla Rimini «che guarda al futuro della parità e dei diritti».

Sempre pronto a difendere sessimo e patriarcato, De Carli è corso dai giornali locali a dire lui ritiene che quella sia «una dichiarazione folle» perché «se la Romagna si è fatta conoscere nel mondo è anche grazie a quella narrazione popolare, immaginata e realizzata da artisti del calibro di Fellini. La retorica di Arcigay rischia di trasformare la Romagna da meta delle famiglie a destinazione del piacere Lgbt».

Non è chiaro cosa dovrebbe essere una "destinazione del piacere lgbt", ma appare molto chiaro che De Carli pare apprezzare i turisti che cercano di portarsi a letto le figlie di chi lo ha votato. E pare anche poco informato sulla storia, dato che l'estremista parrebbe ignorare che tra gli attori di Fellini c’era anche Marcella Di Folco, prima trans italiana.

Evidentemente orgoglioso del proporsi come l'omofobo più omofobo tra gli omofobi, sui social scrive anche:

Insomma, De Carli pare davvero ossessionato da suo desiderio di essere parte attiva nella promozione della discriminazione. Fortunatamente, però, i voti registrati dimostrano che sono veramente pochi i romagnoli che si dicono disposti a condividere la sua ideologia.


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