Mario Adinolfi va all'attacco del congresso sovranista di Pillon
Che tra Mario Adinolfi e Simone Pillon non corra buon sangue è cosa ormai cosa assodata. Le prime fratture si videro non appena Adinolfi cercò di fregare Gandolfini, creando un suo partito che potesse cavalcare il "family day" per profitto. Da allora, sono volati stracci. Se Pillon ha ottenuto una poltrona da senatore con cui rappresentare Gandolfini nelle aule, Adinolfi si è arenato su uno 0,6%. Ed è indicativo che Gianfranco Amato, che con lui fondò il "Popolo della famiglia", sia risultato tra i relatori del congresso sovranista di Pillon dopo aver abbandonato il partito.
Secondo un copione assai scontato, Adinolfi attacca Pillon sostenendo che avrebbe dovuto promuovere il suo partitino:
Nel consueto post interminale inc ui Adinolfi si mette in cattedra, è contro Pillon che scrive:
Oggi ad Assisi il clou delle “tavole”, in cui si affideranno gli esiti delle lodevoli riflessioni su aborto e dintorni di Miriano, Frullone, Pillon e degli esponenti di ProVita ai soliti interlocutori: la destra di governo e l’ultradestra di Gianni Alemanno in formazione. È l’errore che noi del Popolo della Famiglia sottolineiamo da sempre: se alla fine di una riflessione culturalmente forte e decisiva, che prevede un programma d’azione per far sì che i cattolici in politica con i loro temi siano rilevanti, deleghi ad agire partiti culturalmente incapaci di comprendere quanto prioritari siano quei temi, otterrai una pacca sulla spalla, due candidature in posizione non eleggibile e tutti i giornali che parleranno solo dei politici a cui hai consegnato le luci per la loro passerella.
Premesso che è opinabile si possa ritenere che vietare ogni diritto civile sia atto "culturalmente forte" o che per essere "cattolici" si dovrebbe imporre il proprio pensiero unico agli altri, Adinolfi si lamenta che non lo riconoscano quale leader dei cosiddetti "cattolici" anche se lui si proclama tale.
L’errore di Assisi è l’errore dei Family Day: affidarsi ai politici, quelli che affollavano le nostre manifestazioni del 2015 e 2016, ve li ricordate, da Maurizio Lupi a Giorgia Meloni? Lupi ci tradì subito perché stava già al governo e fece passare la legge Cirinnà e il testamento biologico (il primo passo verso suicidio assistito e eutanasia) per tenersi le poltrone; la Meloni si è sfilata più lentamente, i ProVita continuano ad averla come stella di riferimento, salvo poi trovarsela in campagna elettorale a gridare “non toccherò la legge 194, non toccherò le unioni gay”, poi una volta al governo con la Roccella a proporre “la sanatoria per i figli delle famiglie arcobaleno” e Fratelli d’Italia con tuttala maggioranza a votare nel gennaio 2023 a favore della mozione Pd-M5S che definisce l’aborto come “diritto intangibile della donna”. Nelle scuole dilaga la carriera alias, i leghisti fanno a gara su chi è più “moderno” con Zaia che ormai è un testimonial di aborto, suicidio assistito e eutanasia, su quel che resta di Forza Italia stendiamo un velo. Vannacci appena ha provato ad affermare qualcosa di sgradito al mondo Lgbt è stato destituito, in 24 ore, da questo governo. Non dimentichiamolo.
Insomma, fosse per Adinofli si sarebbero distrutte le unioni civili, si sarebbero resi orfani i figli dei gay, si sarebbe imposta la sistematica discriminazione degli studenti trans, si sarebbe imposto il dovere di torturare i malati terminali contro la loro volontà e tutta quella lunga serie di azioni liberticide che lui vorrebbe imporci.
Adinolfi passa così a insultare Alemanno:
Assisi è la reiterazione dell’errore compiuto mille volte, Gianni Alemanno basta averlo conosciuto un minimo per sapere che dei nostri temi se ne fotte (chiedere informazioni a Isabella Rauti, che gli è stata moglie). È scaltro e ad Assisi li userà bene e sarà applaudito forte e incasserà la delega, prometterà il solito paio di candidature da non eleggibili alle europee di giugno e noi avremo spostato, senza alcun incasso, ancora più a destra l’asse delle nostre rivendicazioni.
Rivendicazioni che, bisogna sottolinearlo, si basano tutte sul sostenere che agli altri vadano imposte le decisioni di Adinolfi. Si dovrà amare chi dice lui, si dovrà nascere come dice lui e si dovranno far soffrire i malati come esige lui.
Inizia così a sostenere che chi va a messa dovrebbe ritrovarsi nella sua ideologia, fatta di omofobia e di disprezzo verso gli stranieri. E naturalmente non mancano accuse ad Amato che, visti i numeri, ha abbandonato un partito che non rappresenta praticamente nessuno:
Dobbiamo costruire una casa in cui ogni cattolico che la domenica va a messa (e voglia essere conseguente ai cardini della fede che professa) possa sentirsi a proprio agio. L’ultimo rapporto Istat mette nero su bianco la cifra: i giornali hanno titolato che “solo” il 21%degli italiani va a messa. Bene, sono dodici milioni di persone. Ammesso che la metà sia ormai fregata dal voto ai partiti tradizionali, per incoerenza (voti a sinistre e M5S) o convenienza (voto all’area di governo chiamato “voto utile”), esistono almeno sei milioni di cattolici che sono arruolati stabilmente nella sempre più vasta area dell’astensione. Ad ogni elezione noi del Popolo della Famiglia ne convinciamo alcuni a dare il voto all’idea di costruzione della casa sopra indicata. Qualcun ola chiamava “cattedrale” e ci spiegava che sarebbero serviti anni e pazienza per edificarla. Poi si è subito spazientito e ha lasciato il progetto. Noi lo teniamo in piedi e senza aver paura di incontrare compagni di viaggio (lo abbiamo fatto con Alternativa popolare, con Exit, con altre associazioni e partiti in ambito locale), ma a una condizione decisiva: programma e priorità li dettiamo noi. E teniamo l’asset organizzativo.
L'auspicio di Adinolfi è che ogni organizzazione omofoba che si oppone al diritto di scelta delle donne si faccia promotore del suo partito:
Faremo così anche alle europee. Se tutto il mondo pro-life si unisse in questa battaglia, senza delegare alla solita destra disinteressata ai nostri temi, ma costruendo una casa comune e autonoma, questa sarebbe la vera novità politica del 2024. Noi del Popolo della Famiglia, con la nostra nota virtù della tenacia, continuiamo ad edificare con pazienza quella che prima o poi vedremo completata e chissà che davvero non sia una cattedrale.
Se è fastidioso come Adinolfi ami usare simboli religiosi per una politica che spesso appare come l'antitesi dei Vangeli, ancora una volta si lamenta che non lo riconoscano quale estremista di punta che toglierà diritti alle donne, istituzionalizzerà l'omofobia e renderà l'Italia un regime basato sui suoi presunti dogmi di "cattolico" con sue moglie che fa soldi col gioco d'azzardo.