Il leghista Pillon vuole darci lezioni di virilità a John Travolta


Premettiamo l'ovvio: il leghista Simone Pillon è un costo per i contribuenti, dato che riceve denaro pubblico per essere andato in Senato a fare squallide guerriglie alle famiglie gay su mandato delle organizzazioni forzanoviste vicine alla Russia di Putin. Il Festival di Sanremo non è un costo per i contribuenti, dato che gli introiti sono maggiori alle spese. E tanto basta a rendere evidente che semmai andrebbe ritenuto fonte di guadagno, contrariamente qi programmi condotti dagli amici di Giorgia meloni che nessuno guarda.
Ciò rende evidente la falsità di cui trasudano le sue parole, in cui l'ennesima invettiva contro il Festival si basa sul fare leva sull'egoismo di chi avrebbe preferito una porcheria con Povia come concorrente unico, la conduzione di Pino Insegno e magari Trump, Orban, Putin, Porro e Vannacci come ospiti incaricati di indottrinare i bambini all'ideologia populista.



Sarà che a Pillon piace dire che l'uomo sarebbe uomo solo e indossa il papillon, è patriarcale e costringe le donne a subire il suo volere sui loro corpi, ma sinceramente fa sorridere che Pillon parli sempre di "vitalità" quasi si ritenesse il massimo esponente della virilità dei leghisti.
Ed è altresì indicativo che Pillon trascorra le sue giornate ad attaccare gli altri, risultando sempre offensivo e mai propositivo nel suo atteggiarsi da sommo giudice che emana sentenze di condanna come se fosse un inquisitore del Medioevo. Ma in realtà non è niente di così trano, dato che l'ideologia populista sa solo distruggere e non è in grado di costruire nulla. Quindi è ovvio che Pillon, in quanto alfiere di quell'ideologia, sia destinato ad un'esistenza fatta di invettive e di insulti che nulla porterà alla nostra civiltà.
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