Lo saprà Il Messaggero che "la trans" aveva un nome?

Cecili Messaggero aveva un nome, quindi non si capisce perché Il Messaggero la bolli come "la trans". E dato che Cecili Messaggero faceva la prostituta per vivere, non si capisce neppure perché il quotidiano paia simpatizzare col parroco cattolico che vuole organizzare una "messa di riparazione" perché le amiche della defunta hanno osato ricordare che lavoro facesse:



L'articolo, a firma della vaticanista Franca Giansoldati, sostiene che il «povero parroco» sia stato vittima di perfide trans che si sono presentate a dare un ultimo saluto alla loro amica. Magari la signora Giansoldati avrebbe preferito asissistere alle benedizioni cattoliche impartite ai suoi clenti.
Poi, premurandosi di parlare al maschile della vittima, lascia intendere che i suoi amici preti le avrebbero voluto negare un funerale:



Con buona pace per Franca Giansoldati, Cecili Messaggero era una donna. Definirla in altro modo, usando il maschile al solo fine di mancarle di rispetto, non le fa onore e forse rappresenta anche una violazione del codice deontologico.
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