Cascioli attacca le femministe per la serie Netflix ispirata a Rcco Sffredi

La cricca di Riccardo Cascioli pare molto infastidita da chi combatte il patriarcato. Ma ha davvero del surreale che il suo settimanale sostenga che le femministe dovrebbe protestare contro una serie che osa raccontare la vita di un attore pornografico.
Se è vero che ormai Coghe, Adinolfi e Cascioli paiono divertirsi un mondo a dire alle femministe cosa dovrebbero dire e pensare, pare opinabile il loro asserire:

Con quei soliti toni strafottenti che tanto piacciono alle destre, nell'articolo leggiamo:

Forse dovremo aspettare la puntata di “Chi l’ha visto?” e magari la Sciarelli dirà qualcosa sulla scomparsa delle femministe a meno di una settimana dall’otto marzo. Anche perché ormai è l’ottomarzo tutto l’anno, dallo scorso 25 novembre infatti è stata un'unica ininterrotta gironata di lotta contro il patriarcato. Quel sistema di potere che – ci ripetono – svilisce in ogni modo la figura femminile.
Eppure chissà come mai non si vedono all'orizzonte proteste per le sette puntate di Supersex, la serie ispirata alla vita di Rocco Siffredi in onda dal 6 marzo scorso su Netflix.

Ovviamente non pare abbia senso il loro accostare il patriarcato ad una serie biografica, anche se subito si giocano la carta dei bambini e della religione cattolica:

E così può capitare di passeggiare per Milano, e trovarsi al parco in un pomeriggio soleggiato di marzo con i bimbi che giocano sugli scivoli e sulle altalene davanti ad un totem grande l'intera facciata di un grattacielo con Alessandro Borghi nei panni di Rocco, con un'espressione indecente che lascia poco spazio alla fantasia, oppure di trovarselo nudo, ma ovviamente col crocifisso al collo, mentre mentre sei mani di donne e uomini lo toccano, sopra campeggia la scritta “Supersex”.

Si arriva così alla solita condanna della donna:

Mancano all'appello le donne, quelle seimila “attrici” che hanno venduto la loro intimità all'industria del porno di lusso, con la pornostar. Chissà, magari pensavano di guadagnarne in celebrità invece nemmeno sappiamo i loro nomi, non conosciamo i loro volti, non vengono citate, sono solo dei dettagli funzionali ad una narrazione che vede come unico protagonista l'uomo che per “lavoro” si accoppia di continuo, non importa come, quanto, quando e meno che meno chi.

Pensavano forse che nei film porno si leggesse Dante? E lo sapranno che avrebbero potuto dire lo stesso degli uomini che recitavano nei film di Moana Pozzi? E come la mettono con i porno gay, dove tutti gli attori sono uomini?

Ma è a quel punto che ci ricamano sopra la loro solita vuota morale:

Non hanno niente da eccepire le vestali della lotta al patriarcato? O va tutto bene perché le “pornoattrici” che hanno “lavoratato” con Rocco erano “libere” e “autodeterminate” e hanno quindi usato a piacimento il loro corpo?

Bhe, si. È autodeterminazione fare ciò che si vuole, contrariamente ai ruoli stereotipati che loro vorrebbero imporre alle donne. Eppure loro dicono di aver deciso che ciò legittimerebbe il loro sessismo:

E’ questo il messaggio sul sesso che vogliamo far passare? Alessandro Borghi, l'attore che interpreta Siffredi, si è anche detto pronto ad andar nelle scuole a parlare ai ragazzi di di sessualità.
Ok, ne prendiamo atto. Però poi i sermoni sul “sessismo” anche no.

Le virgolette fanno capire che loro mon credono al sessismo.


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