A Pirri, in Sardegna, nasce un centro antiviolenza transfemminista


A Pirri, in Sardegna, è nato uno sportello multifunzionale per il contrasto alla violenza di genere, che accoglie anche le esigenze di donne lesbiche, persone trans e identità non conformi.
«Quando sei una donna della comunità LGBT+ subisci un’oppressione in quanto persona percepita come donna e come non conforme nell’espressione di genere. Sono aspetti che vanno considerati insieme, le radici sono le stesse» ha spiegato Ilaria Todde, attivista lesbica e advocacy director di EL*C. «La Sardegna è una delle zone con maggior disagio economico dell’Unione Europea, per noi è fondamentale portare i temi della lesbofobia, dei diritti Lgbt e delle donne. Vogliamo valorizzare le iniziative che nascono in realtà considerate marginali perché possano essere d’esempio anche per quelle più conosciute che si sviluppano con maggiore facilità nei grandi centri e nelle capitali».
Il centro antiviolenza di Lìberas è un luogo di «transito verso l’autonomia – prosegue Falqui – per sottrarsi alla violenza e di avvicinamento alla libertà. Rifiutiamo lo status di vittima quando parliamo delle donne che hanno vissuto o stanno vivendo una situazione di violenza. Lo status di vittima è una versione patriarcale che presuppone che le donne siano passive, incapaci di reagire e per questo spesso vengono colpevolizzate: la tentazione di spostare la responsabilità dall’abusante alla persona abusata è costante e dipende in gran parte dalla percezione che si ha delle parti in causa».
L’area di Pirri è stata scelta perché, pur soffrendo un disagio economico e sociale, risultava ancora scoperta dalla presenza di un centro antiviolenza: «Progetti come questi sono necessari – commenta Maria Laura Manca, presidente della Municipalità di Pirri – perché la parità di genere nei fatti non è stata raggiunta, soprattutto tra le giovani generazioni. Il nostro obiettivo è riuscire a sensibilizzare le famiglie, perché è dentro le mura domestiche che si verifica la maggior parte delle violenze fisiche e psicologiche, che rappresentano comunque un abuso anche se non sfociano nel femminicidio».
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