Il Decameron
Il Decameron | Italia, 1971
Regia:
Cast:
Ninetto Davoli (Andreuccio da Perugia), Franco Citti (Ciappelletto), Vincenzo Amato (Masetto da Lamporecchio), Maria Gabriella Maione (madonna Fiordaliso, la Siciliana che adesca Andreuccio), Angela Luce (Peronella), Giuseppe Zigaina (frate confessore di Ser Ciappelletto), Pier Paolo Pasolini (allievo di Giotto), Giacomo Rizzo (padre superiore che accompagna l'allievo di Giotto), Guido Alberti (ricco mercante), Elisabetta Genovese (Caterina), Giorgio Iovine (Lizio da Valbona, il padre di Caterina), Lino Crispo (don Gianni), Silvana Mangano (la Madonna), Guido Mannari, Elisabetta Genovese (Caterina)
Vedi tuttiGenere:
Commedia, storico, grottesco
Il Decameron è un film del 1971 scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini, tratto dal Decameron di Giovanni Boccaccio.
È il primo episodio della cosiddetta Trilogia della vita, proseguita con I racconti di Canterbury (1972) e completata da Il fiore delle Mille e una notte (1974).
Ebbe diversi problemi con la censura che sequestrò e dissequestrò il film e aprì anche un processo, che alla fine vide giudicati non colpevoli gli imputati (tra cui il regista stesso). In Germania e in gran parte dell'Europa invece il film ebbe notevole successo e vinse l'Orso d'argento al Festival del Cinema di Berlino.
Dal 2000, il film è vietato ai minori di 14 anni.
La scelta delle novelle appare ancora caratterizzata da estrema eterogeneità. Solo tre novelle del Decameron sono di ambientazione partenopea e l'autore rafforza la "napoletanità" della propria rivisitazione trasferendone altre, di ambientazione toscana, a Napoli e dintorni. Rispetto al trattamento, nella sceneggiatura, datata 26 agosto 1970, Pasolini allenta il rigido schema tripartito, eliminando cinque novelle «orientali» o «nordiche» e aggiungendone due nuove, e cerca di bilanciare il rischio dell'eccessiva frammentarietà con una maggior omogeneità d'ambiente (napoletano e popolare).
Dalla sceneggiatura alla forma definitiva del film, il cambiamento più importante riguarda la sostituzione dello schema tripolare con quello bipolare. ma dissonante rispetto al resto del film, eliminata solo all'ultimo, tanto che gli interpreti appaiono comunque accreditati nei titoli di testa), e vengono effettuati degli spostamenti strutturali che danno all'insieme una maggior coesione. Malgrado l'apparente eterogeneità dell'intreccio, il film mostra una logica interna e una sostanziale omogeneità, a cui contribuisce la napoletanità che pervade tutti i dialoghi. In merito a questa scelta linguistica, Pasolini afferma: «Ho scelto Napoli contro tutta la stronza Italia neocapitalistica e televisiva: niente babele linguistica, dunque, ma puro parlare napoletano».
Un'importanza particolare riveste, fin dal trattamento e poi nelle elaborazioni successive, la vicenda di Giotto che si reca a Napoli per affrescare la chiesa di Santa Chiara, assente nel Decameron, nel quale c'è solo lo spunto di un aneddoto sul pittore, e che costituisce invece un racconto-cornice delle tre e poi due parti dell'opera di Pasolini. A Giotto è affidato fin dalla prima stesura l'explicit del film: guardando la sua opera compiuta, nel trattamento l'artista «ha un lieve, ingenuo e misterioso sorriso», nella sceneggiatura «nel suo viso è stampato - come una leggera ombra, non priva di malinconia - il sorriso dolce, misterioso e ingenuo con cui l'autore guarda la sua opera finita», pronuncia, di spalle, la battuta «Perché realizzare un'opera quando è così bello sognarla soltanto?», aggiunta dal regista direttamente sul set.
Cast. In un cast composto in gran parte da non professionisti, tra cui il pittore Giuseppe Zigaina nel ruolo di un pio frate confessore, non mancano i due attori-feticcio di Pasolini, Franco Citti e Ninetto Davoli, rispettivamente nei ruoli di Ser Ciappelletto e Andreuccio da Perugia. Il regista scelse di calarsi fisicamente dentro la propria opera interpretando il pittore allievo di Giotto, dopo aver ricevuto un rifiuto da parte degli amici scrittori Sandro Penna e Paolo Volponi
Il Decameron detiene ad oggi il sedicesimo posto nella classifica dei film italiani più visti di sempre con spettatori.
È il primo episodio della cosiddetta Trilogia della vita, proseguita con I racconti di Canterbury (1972) e completata da Il fiore delle Mille e una notte (1974).
Ebbe diversi problemi con la censura che sequestrò e dissequestrò il film e aprì anche un processo, che alla fine vide giudicati non colpevoli gli imputati (tra cui il regista stesso). In Germania e in gran parte dell'Europa invece il film ebbe notevole successo e vinse l'Orso d'argento al Festival del Cinema di Berlino.
Dal 2000, il film è vietato ai minori di 14 anni.
Trama
Pier Paolo Pasolini ispirandosi al Decameron di Giovanni Boccaccio, trae alcune delle novelle più importanti e caratterizzanti.Produzione
Sceneggiatura. In una lettera della primavera del 1970, Pasolini spiega al produttore Franco Rossellini di aver modificato la sua originaria idea di ridurre l'intero Decameron a quattro o cinque novelle di ambiente napoletano e di voler dare invece «un'immagine completa e oggettiva del Decameron» attraverso la scelta del maggior numero possibile di racconti. Al gruppo centrale dei racconti ambientati nella Napoli popolare se ne devono aggiungere altri per rappresentare lo «spirito interregionale e internazionale» dell'opera di Boccaccio, con l'ambizione di realizzare «una specie di affresco di tutto un mondo, tra il medioevo e l'epoca borghese». Il film dovrà durare almeno tre ore ed essere diviso in tre tempi, ognuno dei quali rappresenti un'unità tematica. Il primo trattamento elaborato dall'autore è costruito appunto su questa struttura tripartita (15 novelle suddivise in tre tempi, ognuno dei quali racchiuso da un racconto cornice, con protagonisti Ser Ciappelletto, Chichibio e Giotto), che sostituisce la complessa architettura narrativa dell'opera di Boccaccio.La scelta delle novelle appare ancora caratterizzata da estrema eterogeneità. Solo tre novelle del Decameron sono di ambientazione partenopea e l'autore rafforza la "napoletanità" della propria rivisitazione trasferendone altre, di ambientazione toscana, a Napoli e dintorni. Rispetto al trattamento, nella sceneggiatura, datata 26 agosto 1970, Pasolini allenta il rigido schema tripartito, eliminando cinque novelle «orientali» o «nordiche» e aggiungendone due nuove, e cerca di bilanciare il rischio dell'eccessiva frammentarietà con una maggior omogeneità d'ambiente (napoletano e popolare).
Dalla sceneggiatura alla forma definitiva del film, il cambiamento più importante riguarda la sostituzione dello schema tripolare con quello bipolare. ma dissonante rispetto al resto del film, eliminata solo all'ultimo, tanto che gli interpreti appaiono comunque accreditati nei titoli di testa), e vengono effettuati degli spostamenti strutturali che danno all'insieme una maggior coesione. Malgrado l'apparente eterogeneità dell'intreccio, il film mostra una logica interna e una sostanziale omogeneità, a cui contribuisce la napoletanità che pervade tutti i dialoghi. In merito a questa scelta linguistica, Pasolini afferma: «Ho scelto Napoli contro tutta la stronza Italia neocapitalistica e televisiva: niente babele linguistica, dunque, ma puro parlare napoletano».
Un'importanza particolare riveste, fin dal trattamento e poi nelle elaborazioni successive, la vicenda di Giotto che si reca a Napoli per affrescare la chiesa di Santa Chiara, assente nel Decameron, nel quale c'è solo lo spunto di un aneddoto sul pittore, e che costituisce invece un racconto-cornice delle tre e poi due parti dell'opera di Pasolini. A Giotto è affidato fin dalla prima stesura l'explicit del film: guardando la sua opera compiuta, nel trattamento l'artista «ha un lieve, ingenuo e misterioso sorriso», nella sceneggiatura «nel suo viso è stampato - come una leggera ombra, non priva di malinconia - il sorriso dolce, misterioso e ingenuo con cui l'autore guarda la sua opera finita», pronuncia, di spalle, la battuta «Perché realizzare un'opera quando è così bello sognarla soltanto?», aggiunta dal regista direttamente sul set.
Cast. In un cast composto in gran parte da non professionisti, tra cui il pittore Giuseppe Zigaina nel ruolo di un pio frate confessore, non mancano i due attori-feticcio di Pasolini, Franco Citti e Ninetto Davoli, rispettivamente nei ruoli di Ser Ciappelletto e Andreuccio da Perugia. Il regista scelse di calarsi fisicamente dentro la propria opera interpretando il pittore allievo di Giotto, dopo aver ricevuto un rifiuto da parte degli amici scrittori Sandro Penna e Paolo Volponi
Il Decameron detiene ad oggi il sedicesimo posto nella classifica dei film italiani più visti di sempre con spettatori.
Fonte: Wikipedia
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