La destra giustizialista che si fa comandare dai fan di Priebke

Dato che gli avvocati non difendono il reato, ma semplicemente garantiscono che il processo si svolga secondo le regole processuali garantite dalla Costituzione, non pare una buona notizia il fatto che la paura di essere insultati da Nicola Porro o di resi vittime delle invettive di Matteo Salvini abbia portato degli avvocati a negare il diritto alla difesa di un imputato.
Perché non importa quanto sia orribile il crimine commesso: tutti dovrebbero avere pieno accesso ai loro diritti. Tanto sarà la giustizia a determinarne le colpe. Ma se inizia a passare l'idea che i diritti vengano meno quando Porro si eccita davanti a chi insulta l'imputato, le implicazioni potrebbero essere infinite:

Il passo successivo sarà quello di chieder che sia torturato in carcere? Daranno un premo alle guardie cercarie che lo faranno stuprare da altri detenuti? Si tornerà al 2019, quando Salvini si compiaceva perché un imputato era stato illegalmente bendato dalla polizia e lui riteneva che la vendetta facesse felici i suoi elettori?

Ma mentre viviamo in un'Italia in cui si rischia di essere privati dai propri diritti costituzionali davanti ad un crescente ricorso ai processi mediatici (che peraltro ora saranno a senso unico dopo la caolinizzazione meloniana della Rai), a quella stessa gente va bene che a pretendere la revoca del Roma Pride sia un'organizzazione forzanovista in cui lavora il figlio di Roberto Fiore, il quale ha studiato presso quei lefebvriani che si offrirono di benedire il feretro del boia delle Fosse Ardeatine.

Quindi il leghista medio esulta perché c'è giustizialismo contro l'autore di un femminicidio che serve a negare le responsabilità dei leghisti che in Europa hanno votato contro l'introduzione di protocolli he mirano a prevenire il fenomeno, ma poi ci facciamo comandare a bacchetta da chi benediva il criminale nazista Erich Priebke.


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